Acqua&Vento (1/3)

«Il maestro Kase era messo male, aveva la febbre e si vedeva. Però stava lì, seduto su una sedia che qualcuno gli aveva portato… Quando il giorno dopo ci comunicarono che il maestro non ce l’aveva fatta a venire, confinato a letto, lo scoramento tra i presenti fu grande. Ebbene, dopo qualche minuto, in mezzo a quelle duecento e passa persone, uno salì su un tavolo, in maniera che fosse ben visibile, e richiamò l’attenzione. Prese il posto del maestro Kase, caricandosi letteralmente l’intero seminario sulle spalle. Quel giorno, il mio modo di pensare il karate è cambiato completamente». Correva l’anno 1999 e il nostro Roberto, che mi ha narrato questo episodio, era fra i partecipanti di quello storico stage. Chi invece aveva deciso di sostituire il maestro Kase, era il maestro Daniele Boffelli.

Ne ho sentito parlare la prima volta così, in un aneddoto raccontato per spiegare il significato di “movimento tondico”.
Be’, sembrava senz’altro un personaggio interessante, questo Boffelli; uno che sul karatedo aveva senz’altro qualcosa da dire. E non vuoi cogliere l’occasione per invitarlo a tenere uno stage qui, a Desio?
Difatti…

Il maestro Daniele Boffelli (Venezia, 1953) inizia il suo percorso nel karate a 17 anni, quando —ammette in un’intervista— s’innamora della disciplina seguendo tre lezioni del maestro Bruno De Michelis. Poi prosegue, compiendo più o meno il percorso comune a molti altri karateka, anche se lui lo fa… in accelerata, con estrema dedizione e pervicacia (suppongo io), lavorando sodo tutti i santi giorni e correndo un po’ più veloce dei suoi compagni.
Raggiunge in fretta il primo dan, poi passa all’insegnamento. Trascorre altro tempo: è solo il 1980 e già Boffelli ha accumulato molte qualifiche e diverse cariche prestigiose nel mondo del karate, però…

Cortesia di G.Cavati.

Però nel frattempo qualcosa gli pesava dentro, qualcosa cui, credo, faticava a dare un nome, ma che nel frattempo scavava, instillando dubbi e ripensamenti. Come spesso accade quando ci si dedica anima e corpo ad una disciplina, lo stimolo esterno non bastava più.

E quando ti accorgi che c’è qualcosa che manca, che l’attività a cui dedichi tanto impegno da qualche parte è… “monca”, che non ti dà più la soddisfazione che ti aspettavi, allora hai davanti a te due strade: o abbandoni tutto (della serie: “Chi ha avuto, ha avuto…”), oppure ti rimbocchi le maniche e cominci una “rivoluzione silenziosa”, di quelle fatte di piccoli passi, tanto lavoro e tanto impegno. Per cambiare ciò che non va bene, per migliorare e rimettere tutto lì, in coincidenza col tuo ideale.

E così è andata: nel suo percorso di interiorizzazione del karatedo, cominciò anche il percorso di revisione critica e rielaborazione.

Cortesia di D.Boffelli.

A raccontarla adesso, pare facile; ma non abbiamo dubbi che per Boffelli gli anni di meditazione siano stati tutt’altro che semplici: in fin dei conti si trattava di prendere qualcosa che ti è stato insegnato in un certo modo, scardinare tutto e riplasmarlo con l’intento di avere un prodotto nuovo ed originale. Come a scuola, quando la materia è corposa e articolata, la cosa migliore è cominciare da una sintesi.

Ed è proprio così che il maestro Boffelli sceglie di riferirsi al metodo didattico che ha elaborato, fondando il Synthesis appunto.

Seguendo un approccio molto… milanese (diremmo noi milanesi), ma in realtà molto veneziano (storicamente venuto assai prima!), Boffelli si concentra sull’efficienza del movimento, sulla sua efficacia tecnica indissolubilmente legata alla fisiologia biomeccanica. Non fa lezione con righello e goniometro (almeno credo), ma poco ci manca.

Cortesia di D.Boffelli.

Niente dogmi del tipo: “Il super-maestro galattico Tal De’ Tali ha detto così e quindi si fa così”, bensì una continua ricerca e sperimentazione, ovviamente partendo dalle basi ben salde dell’anatomia e raffinando sempre più.
Pure per prove ed errori, non c’è nulla di male: scartare ciò che non va bene e tenere ciò che funziona.

Qui si sente l’influsso del passato da ginnasta, disciplina in cui ogni minimo movimento viene accuratamente studiato (in maniera scientifica, eh sì!) proprio per minimizzare il dispendio energetico e massimizzare il risultato —oltre che non creare danni strutturali!

Nonostante i recenti successi olimpici, il karate non è, a parere di chi scrive, uno sport. È un’arte che dura tutta la vita, fatta di costante studio e ricerca, lavoro esterno e introspezione, qualcosa che influenza ogni aspetto (o quasi) della propria esistenza. Ne abbiamo già scritto in altri post.

Il maestro Boffelli incarna questa visione.

Se credete valga la pena conoscere anche questo punto di vista, vi aspettiamo il 18 settembre.

A presto!

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